Istat: a luglio aumenta la fiducia dei consumatori, ma cala per le imprese

Per quanto riguarda il commercio al dettaglio, il valore dell’indice si attesta a quota 109,0 da 108,8

“A luglio aumenta il clima di fiducia dei consumatori, mentre cala quello delle imprese. L’indice del clima  di fiducia dei consumatori – comunica l’Istat – aumenta leggermente passando da 106,4 a 106,7. Invece, l’indice composito del clima di fiducia delle imprese registra una diminuzione spostandosi da 106,3 a 105,5. L’indice si attesta comunque sul valore medio del periodo gennaio-giugno 2017″.

“Il recupero del clima di fiducia dei consumatori – prosegue l’Istituto – è dovuto essenzialmente alla componente personale (il clima personale passa da 100,9 a 101,6), corrente (il relativo
clima sale da 105,7 a 106,3) e futura (il clima aumenta da 107,7 a 108,2). Invece, la componente economica registra una diminuzione passando da 123,6 a 122,9. I giudizi circa la situazione  economica del Paese sono in peggioramento mentre le relative aspettative sono in miglioramento. Continuano a peggiorare, per il quarto mese consecutivo, le aspettative sulla disoccupazione. Per quanto riguarda le opinioni sull’andamento dei prezzi al consumo, si rileva un deciso aumento sia della quota di individui che ritengono i prezzi diminuiti negli ultimi 12 mesi sia di quella di coloro che si aspettano una diminuzione nei prossimi 12 mesi. Con riferimento alle imprese, nel mese di giugno il clima di fiducia aumenta da 107,3 a 107,7 nel settore manifatturiero e da 129,8 a 131,1 nelle costruzioni; per quanto riguarda il commercio al dettaglio, il valore dell’indice si attesta a quota 109,0 da 108,8. In controtendenza solo il settore dei servizi dove
l’indice diminuisce da 106,0 a 105,0″.

“Passando ad analizzare le componenti dei climi di fiducia, nel comparto manifatturiero si evidenzia un miglioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle aspettative sulla produzione spiega
l’Istat. Le scorte di magazzino sono giudicate in accumulo. Nel settore delle costruzioni, i giudizi sugli ordini sono in peggioramento ma si registra un aumento deciso delle aspettative sull’occupazione. Nei servizi, diminuiscono le aspettative sugli ordini e i giudizi sull’andamento degli affari sono in deciso peggioramento. Invece, i giudizi sugli ordini registrano un lieve miglioramento. Nel commercio al dettaglio si registra un incremento marcato del saldo relativo alle vendite correnti mentre diminuisce quello relativo alle aspettative sulle vendite future; le scorte di magazzino sono giudicate in decumulo”.

Fmi: Pil Italia a livelli pre-crisi solo nel prossimo decennio

luglio 25, 2017 Primo piano

Gli effetti della crisi sull’Italia, dice, sono stati più persistenti che in altri paesi

Il Pil italiano tornerà ai livelli pre-crisi alla metà degli anni 2020. Lo afferma il Fmi nel suo rapporto sull’area euro, stilato a seguito della missione di ispezione annuale, sottolineando che gli effetti della crisi sull’Italia sono stati più persistenti che in paesi quali la Germania, dove il Pil è già ben al di sopra dei livelli pre-crisi.

”La crescita dell’area euro continuerà nel breve termine. La Germania e la Spagna resteranno i motori di crescita, mentre l’Italia e la Francia beneficeranno della ripresa” mette in evidenza il Fmi.

“In Italia – aggiunge – i progressi per la riduzione dei crediti deteriorati sono stati troppo lenti, con un calo di solo il 5% rispetto al picco del 2015.  La flessibilità prevista dal Patto di Stabilità può e dovrebbe essere usata per incentivare credibili riforme strutturali. L’Italia si è avvalsa di questa flessibilità nel 2016. In tutti i casi la credibilità è centrale. Tutti i paesi euro dovrebbero procedere verso un riequilibrio di bilancio che favorisca la crescita. L’Italia per esempio potrebbe razionalizzare le spese fiscali, ampliare la base imponibile e attuare una tassa moderna su proprietà immobiliari per ridurre il cuneo fiscale”.

Il Fondo monetario internazionale ha, inoltre, sottolineato come: “la ripresa economica dell’area euro si stia rafforzando ed ampliando. Tuttavia le prospettive di medio e lungo termine restanno soggette a significativi rischi al ribasso. Tra questi il fatto che i Paesi ad elevato debito potrebbero risentire di aumenti dei costi di rifinanziamento.Inoltre le debolezze strutturali nel sistema bancario europeo, in termini di basa redditività e elevate sacche di crediti deteriorati potrebbero innescare dissesti finanziari. Infine il sostegno politico verso l’integrazione europea appare eroso dai persistenti squilibri tra Paesi e dalla mancanza di convergenza”.

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